Hai paura di cambiare lavoro? Senti come se la tua vita ti stesse sfuggendo di mano a causa del timore di cambiare lavoro? Allora la storia di Simona può esserti utile.
Qualche settimana fa, dopo un lungo giro in bici, mi fermai al fiume.
Mentre ero lì, si avvicinò una persona che non vedevo da anni. «Cosa ci fai qui?» domandò, visivamente sorpresa di trovarmi là.
«Ascolto l’Om della vita» risposi sorridendo. «E tu come mai sei qui?»
«Cerco me stessa» disse abbassando lo sguardo.
«E ti cerchi nel fiume?» domandai perplessa per la sua risposta.
«In ogni posto! Solo che non riesco a trovarmi da nessuna parte».
«Allora siediti qui qualche istante e ascolta».
«Cà, lascia stare!» obiettò infastidita «Devo trovare una soluzione».
«Uhm… capisco».
Mi guardò.
«E poi, fammi capire, cosa dovrei ascoltare?»
«Te stessa?!»
«E come faccio ad ascoltarmi se non sono qui?»
«E dove saresti?»
«Sballottata tra ciò che voglio e non posso avere» disse gettando con ira un sasso nel fiume.
«E ti piace vivere così?» replicai cercando il suo sguardo.
«Certo che no! Ma cosa posso farci? Se lavoro mi manca il tempo, se non lavoro mi mancano i soldi… è un vortice… e non chiedermi come ci sono finita. Non lo so!!!».
Restai in silenzio qualche minuto, poi domandai: «Quante ore al giorno lavori?».
«Dieci. Considerando gli spostamenti in macchina per raggiungere il lavoro».
«E ti piace il tuo lavoro?» domandai con vivo interesse.
«Prima, quando avevo il tempo di vivere, sì. Mentre adesso è il motivo per cui non mi trovo più in nessun posto».
«Uhm… dunque prima ti piaceva mentre adesso ti fa sentire fuori posto, ho capito bene?»
«Sì, proprio così.»
«Se potessi risolvere adesso la cosa, come risolveresti questa situazione?»
«Sicuramente cambierei lavoro! Ne troverei uno vicino casa e dedicherei ad esso solo otto ore, non un minuto in più. Così potrei recuperare almeno due ore piene della mia vita e dedicarle a me, alla mia famiglia, a mia figlia, ai miei amici». Restò in silenzio qualche istante, poi aggiunse: «Non riesco più a ricordare l’ultimo giorno che sono stata in compagnia dei miei amici» con un tono misto tra frustrazione e tristezza.
«Dunque, se ho capito bene, ciò che ti impedisce di essere nel presente è il tuo lavoro?»
«Sì. Quando sono al lavoro penso che mio marito si stia stancando dell’assenza e delle nostre discussioni, e ho paura che uno di questi giorni mi manderà a quel paese, e di fatto avrà anche ragione. Quando sono a casa penso a ciò che ho fatto o dovrò fare a lavoro». Restammo in silenzio qualche attimo. «Anche adesso sono altrove… sto pensando che vorrei essere con mio marito e con mia figlia, ma lui è al lavoro e lei è a scuola. E invece, nel mio unico giorno libero, sono qui» aggiunse con amarezza.
La guardai negli occhi.
«Hai mai pensato di risolvere realmente la situazione?» domandai.
«Sì, dovrei cambiare lavoro ma ciò mi spaventa».
«Cosa ti spaventa di preciso?»
«La paura di non trovarne un altro. Sono sicura che qui potrò starci fino alla pensione. Mentre lasciarlo per andare allo sbaraglio… mi sembra folle, soprattutto di questi periodi».
«Uhm…»
«Sono in trappola!»
«Non credo tu sia in trappola. Dentro di te hai una soluzione. Quando lo riterrai opportuno troverai il coraggio di iniziare ad attuarla» dissi guardandola negli occhi.
«Tipo iniziare a cercare un altro lavoro e solo quando lo avrò trovato lasciare questo?»
«Questa mi sembra un’ottima idea!» risposi entusiasta.
«Ma impossibile da attuare. Non ho il tempo… e non mi va di toglierne altro a mia figlia o a mio marito».
«Mi stai dicendo che pensi davvero che tuo marito si sentirà trascurato quando ti vedrà alla ricerca di un nuovo lavoro per stare più tempo con lui e con tua figlia?»
«No. Anzi, se solo gli dicessi che sto cercando un nuovo lavoro per passare più tempo con loro, farebbe di tutto per aiutarmi».
«Bene… Adesso hai qualcosa per ritrovarti» dissi, dandole una pacca sulla spalla e incamminandomi verso la bici.
«Mi lasci qui da sola?» domandò.
«No, ti lascio con te.» risposi sorridendo.
Perché ho voluto raccontarti la storia di Simona?
Perché la nostra vita è piena di felicità, ma per portarla in superficie, vederla, percepirla, occorre che quotidianamente scegliamo ciò che realmente desideriamo. E per farlo (come già detto in Timore di cambiare? e in A proposito di timore di fallire… ma anche in Liberati dal timore di non essere abbastanza) bisogna mettere in discussione quei pensieri depotenzianti che ci impediscono di fare i passi necessari per esserlo, come in questo caso la paura di cambiare lavoro.
Ti do un dato.
Uno studio fatto da Nicholas Christakis, professore di Sociologia all’Università di Harvard, ha stabilito che la nostra felicità incrementa del 9% le probabilità di essere felici di quelli che abbiamo intorno e viceversa.
Alla luce di ciò, voglio farti una domanda: pensi che Simona possa uscire dalla sua frustrazione e incrementare la sua felicità o quella delle persone che la circondano se continuerà a rinviare la scelta di cambiare lavoro?
Mi trovi concorde: no. Anzi quello che è altamente probabile è che di giorno in giorno il suo livello di frustrazione aumenterà poiché a lavoro sarà più improduttiva e a casa più scontrosa a causa del suo non trovarsi nel presente che desidera.
Tuttavia, continuiamo con la storia.
Ieri mentre ero al supermercato, incontrai Simona. Quando mi vide, sorrise e affermò: «Non ci siamo viste per anni e adesso sono già due volte che ti incontro per caso nel giro di una settimana!».
«C’è una connessione tra individui che favorisce la soluzione ad un bisogno latente» risposi sorridendo.
«Forse è proprio così!» esclamò sorridendo «Ma dimmi un po’… giochi ancora in serie B?».
«No, non gioco più a calcio, anche se da un paio di mesi sto pensando seriamente di togliere le scarpette dal chiodo».
«Il ritorno di Ronaldinha» disse. «Ti chiamavano così, o sbaglio?» aggiunse.
«Non sbagli».
«E oltre il calcio, nella vita cosa fai?»
«Aiuto le persone a vederci chiaro» risposi sorridendo.
«L’oculista?»
Scoppiai in una risata rumorosa e lei mi guardò perplessa, mentre camminavamo dietro i nostri carrelli.
«Sai, volevo cercarti…» disse, cercando il mio sguardo. «Sono davvero felice di rivederti!».
«Tutto ok?» domandai.
«Sì, ti volevo ringraziare».
«E per cosa?»
«È stato davvero utile parlare con te l’altro giorno». Mi guardò fisso negli occhi. «Ho preso la situazione di petto e ho parlato con mio marito. Mi sono sentita sollevata».
«Sono davvero felice di saperlo!» risposi entusiasta.
«Quella conversazione mi ha aiutato a fare ordine nelle mie priorità, a comprendere ciò che per me è importante ma rinviavo per via di quello che ritenevo urgente».
«Spesso l’urgente non lascia tempo per l’importante, tuttavia se si rinvia l’importante diviene urgente, non trovi?»
«Sì, sono finita nel vortice dell’urgente proprio perché ho rinviato l’importante senza pensare alle conseguenze».
Perché ho voluto raccontarti anche questo secondo episodio?
Perché il timore di cambiare lavoro, come avrai intuito, crea frustrazione. La frustrazione crea discussioni. Le discussioni creano disagi e incomprensioni. Quest’ultime contribuiscono a creare malessere, non solo nella persona frustrata, ma anche a chi le sta intorno. Questo è ciò che chiamo effetto domino della frustrazione.
Pensaci… se Simona non avesse scelto di agire, di mettersi in gioco, trovare una soluzione, il suo restare nel problema e non affrontarlo avrebbe avuto un impatto positivo nella relaziona con suo marito e sua figlia?
Mi trovi concorde: no. Anzi, con molta probabilità avrebbe contribuito a creare altre discussioni con il marito e a nutrire nella figlia adolescente pensieri come Il lavoro viene prima di tutto, anche a discapito degli affetti. / Bisogna tenersi quello che si ha, anche se ciò ci rende infelici. con conseguente alterazione delle relazioni con loro.
Tuttavia, certamente sarai concorde con me sul fatto che Simona è uscita dai suoi timori quando ha fatto azioni precise:
- Ne ha parlato con me.
- Ha preso consapevolezza di alcuni aspetti.
- Durante la nostra conversazione si è focalizzata sulla soluzione.
- Ha smesso di rinviare.
- Ha fatto un primo passo, quello di parlare con il marito.
Ad oggi Simona lavora vicino casa e la sua felicità è aumentata notevolmente, perché la scelta di cambiare lavoro oltre a portarla nella situazione che desiderava, ovvero vicino i suoi affetti, ha di fatto consolidato il rapporto con il marito e la figlia.
In conclusione
Se cambiare lavoro da una parte crea preoccupazioni, timori, titubanze, d’altra rinviare tale scelta, come abbiamo visto, può dar vita all’effetto domino della frustrazione, ovvero discussioni, disagi, incomprensioni, sfiducia e incazzatura. Quindi, voglio farti solo un’ultima domanda: ne vale la pena? Vale davvero la pena vivere nella frustrazione e farsi il fegato amaro ogni giorno quando con le persone giuste puoi uscire dalla paura e fare quei passi necessari per cambiare lavoro e vivere finalmente la vita che desideri?
Se ti va, fammi sapere la tua risposta.
Ti abbraccio, Carmela. 😊❤️